L'alluvione di ottobre-novembre 1944, nella cronaca di Carlo Bonora
L'alluvione che colpì Molinella nell'autunno del 1944 è stata, in ordine di tempo, la terza registrata nel '900, dopo quelle del 1902 e del 1917. Tutte e tre furono causate da una rottura dell'argine sinistro dell'Idice, mentre la quarta, quella del 1996 che ricordiamo ancora (quasi) tutti, fu causata dal mancato deflusso dell'acqua dei canali di bonifica.
A 70 anni esatti dall'evento alluvionale del 1944, vi proponiamo qui sotto il diario di quei giorni drammatici (c'era ancora la guerra) scritto nel 1998 dal molinellese Carlo Bonora per il giornalino della Protezione Civile. Testimonianza resa ancor più preziosa, per quanto ci risulta, dalla quasi assoluta mancanza di fotografie, che invece non mancano quando si tratta di documentare le altre alluvioni del XX secolo.
Novembre 1944, la campagna allagata intorno a Marmorta (Collezione T. Calori)
Nell’autunno del 1944 Molinella era divenuta retrovia del fronte. L’offensiva de gli angloamericani si era fermata su una linea che dall’Appennino Tosco-emiliano terminava nella pianura romagnola meridionale a Est di Cesena sino al mare. Gli argini dei corsi d’acqua erano esposti al pericolo dei bombardamenti aerei specialmente dove sorgevano i ponti stradali e ferroviari che servivano ai tedeschi a difesa dei quali costruivano postazioni antiaeree sugli argini stessi. Chi oggi è molinellese e ultrasessantenne ricorderà il tratto d’argine del Reno tra Santa Maria Codifiume e Passo Morgone.
Nella Notte tra il 29 e 30 Ottobre 1944 l’acqua dell’Idice, defluita da una falla d’argine nei pressi di Mezzolara, invase Molinella e parte della zona circostante.
Ero a letto e fui svegliato da una voce maschile che saliva dal centro del paese che dava l’allarme in dialetto “AIè l’acqua; Aiè l’acqua”. Era notte inoltrata verso le quattro e mezza o le cinque e un uomo anziano con gli stivali alti veniva avanti camminando nell’acqua e ripeteva l’avvertimento ogni dieci metri o circa. Mi dissero poi giorni dopo che si chiamava Salmi. Il comando tedesco aveva da tempo imposto il coprifuoco notturno e pensai che fosse un ubriaco che passeggiava pericolosamente per strada. Andai alla finestra e vidi la via sommersa fin verso la chiesa; sentivo aprire porte e finestre e voci allarmate. Nessuno accendeva la luce poiché oltre al coprifuoco c’era l’oscuramento antiaereo totale. Di fronte a casa mia il meccanico Draghetti aveva uno strato d’acqua al pian terreno. Sotto i portici si cominciò a lavorare ponendo stracci o sacchi o segatura davanti agli usci e serrande. Chi aveva stivali alti o a metà gamba, chi usa pezzi di tela impermeabile legati sotto i ginocchi e chi a piedi nudi.
Passò un militare tedesco che spingeva a fatica la motocicletta e voltò per via Valeriani (2). Tra le sette e le otto venne leggermente a piovere; dicevano che l’acqua era alta un metro e più alle casette popolari stile Africa dell’allora Via Roma, (3); nel parco dei caduti e nel campo sportivo erano concentrati molti bovini requisiti che i tedeschi macellavano per l’esercito. Vidi poi i danni alle piste e al campo da gioco che ne seguirono. Alto il livello dell’acqua all’Ospedale da mesi occupato dai tedeschi e da loro trasformato in Ospedale Militare. Chiesero in Comune un numero imprecisato di civili per sgomberare l’acqua e costruire una “passerella” con sacchi di terra dal marciapiedi all’entrata. Il tratto della circonvallazione tra l’acquedotto e la stazione, costruito a un livello sopraelevato dal terreno, era rimasto all’asciutto mentre le case di Malborghetto e i campi adiacenti erano allagati. Qui gli abitanti avevano messo in funzione una barca.
Il traffico militare da e per il fronte era completamente cessato e anche l’attività aerea angloamericana, per la minaccia del maltempo, che era insistente. Il limite dell’acqua si era stabilizzato davanti alla vecchia torre e alla chiesa parrocchiale, il rimanente della via verso casa Pedrelli e Villa Zucchini, era ancora libero dall’acqua. Alle undici non pioveva più e vidi due tedeschi a cavallo sostare in centro, poi ritornare verso Via Valeriani. Verso sera si era sparsa la voce che i militari dell’Ospedale volessero requisire gli stivali usati da parecchi civili.
31 OTTOBRE… Ho saputo che i centri abitati di Mezzolara, San Martino in Argine e anche Miravalle non sono allagati; lo sono invece i campi adiacenti all’argine. Una “passerella” con sacchi di terra e tavolati è stata allestita tra il marciapiedi della chiesa e l’ex casa del fascio, ora ospedale civile da quando i tedeschi avevano occupato il nostro. L’iniziativa di costruirla è stata della amministrazione comunale. Il parroco Don Bergamini mi ha detto che i tedeschi a cavallo hanno portato il bestiame dal campo sportivo verso la zona asciutta dello zuccherificio. Nel campo sono rimaste alcune carcasse di bovini in decomposizione.
Oggi io e due miei amici siamo stato “precettati” da due tedeschi dell’ospedale militare. Nel pomeriggio abbiamo dovuto lavorare all’ospedale per la costruzione di una “passerella”. Con sorpresa siamo stati pagati e rilasciati prima del coprifuoco (4).
2 NOVEMBRE… C’è un po’ di sole. L’acqua ha già cominciato a defluire dall’abitato. Nei giorni seguenti è rimasto quel fango e poltiglia acquosa che i molinellesi chiamano “al paciugh”.
Carlo Bonora
(dal Notiziario AVPCM, novembre 1998)