E la sera andavamo a mangiare da Marchesi. Enrico Visani ricorda il grande cuoco Gualtiero Marchesi

 

  

 

 

E’ scomparso nei giorni scorsi il grande cuoco Gualtiero Marchesi, “il primo che guardò un quadro come fosse un piatto e che trasformò un piatto in una opera d’arte”. Il nostro pittore Enrico Visani frequentò il suo ristorante milanese e qui ricorda l’incontro con il maestro della cucina italiana.

 

Non ricordo se ti ho mai portato nello studio del maestro Ernesto Treccani. Chiaramente tanti anni fa. Credo che, considerando la tua attenzione per il mondo dell'arte, ti faccia piacere leggere alcuni piccoli aneddoti avvenuti presso la stamperia Sirio Teodorani, purtroppo anche lui scomparso da anni. Sono certo che tu mi abbia accompagnato diverse volte nelle occasioni della mia presenza in quel di Milano.

Sirio Teodorani era solito scherzare e chiamare il Maestro Treccani - data la fraterna amicizia ed i grandi rapporti di lavoro - Ernesto guarda lesto. Il perché è molto facile intuirlo. Diverse volte, insieme con l'amico e Maestro Luciano Minguzzi, sotto lo sguardo burlone di Teodorani e i denti dal sapore di coniglio di Ernesto, pranzavamo in piccoli ristoranti nei pressi della omonima Casa Editrice, dove il Teodorani si sentiva in dovere di pagare il conto, ed io giovane sprovveduto approfittavo dell'occasione per atteggiarmi a futuro Maestro. Ma il tema prediletto un poco da tutti era come sempre le donne! Certo, più chiacchiere che fatti. Come sempre. Il Minguzzi propenso a fare il "gallo"; il Teodorani ricco Casanova, ed il Treccani, più schivo e riservato dietro il decantare di tante enormi imprese dei due amici, finiva, con molta fatica, a compiacersi con loro dicendo che per lui erano sempre cose gradevoli, ma per tempi brevi. A quel punto Teodorani - romagnolo simpaticamente sguaiato e con un dire grasso e opulento - tirandomi per un braccio mostrava tutta la sua dentatura per farmi capire il perché di quell'Ernesto guarda lesto.

Ernesto Treccani. Il caro amico e Maestro da poco scomparso, ed uscito da questo mondo in punta di piedi... con garbo rispettoso come era solito fare.

Una mattina, attorno agli anni Ottanta, stavo preparando una lastra litografica dedicata alle api, lassù a Milano nella sotterranea e spaziosa stamperia Teodorani. Silenziosamente era giunto alle mie spalle Ernesto con l'intento di non disturbare e il desiderio di scoprire certi effetti da me raggiunti in materia litografica. Mi scrutava, probabilmente in combutta con Antonio (altro personaggio e stampatore di grande esperienza e buon amico, di cui ricordo solo il nome). Stavo girandomi sulla mia destra per afferrare una bomboletta spray contenente del colore alla nitro per auto che, con la perizia oramai acquisita per le tante litografie stampate, ero solito usare con il risultato di raggiungere quasi quell'effetto che si verifica facendo incisione con l'acquatinta, e cioè ricevere in una sola battuta una grande varietà di toni. Della cosa già ne avevamo parlato in collaborazione con Antonio, ma il Maestro, non avendomelo mai visto fare, rimaneva giustamente dubbioso sull'esito.

Cosi nel girarmi me lo trovo alle mie spalle, mi sorride, poi con molto rispetto (cosa più unica che rara fra i maestri di quei giorni) mi allunga la mano dicendomi "Caro Visani sono felice di rivederti.... scusa se ti ho disturbato, ma ora mi farai vedere quello che tante volte mi hai definito come un intervento facile e proficuo."

Antonio lo guarda sorridendo e Teodorani, col suo vocione dalla esse strisciante come tutti i romagnoli: " Stai tranquillo, Ernesto: questo è un ragazzo serio e in gamba come tutti i romagnoli". Di rimando, Ernesto: "Va bene, va bene... dicevano cosi anche del Duce!" il tutto intriso da una risata simpaticamente coinvolgente.

Dopo averlo contraccambiato del saluto dandogli com'è mia abitudine del Maestro, lo invito ad osservare la semplicità dell'agire: ricopro la lastra litografica con una mascherina fatta di carta per proteggere la parte che deve rimanere intonsa, e spruzzo lo spray dove mi serve, in parte più intenso ed in altre appena velato: il tutto nel breve tempo di alcuni minuti. Poi, rivolgendomi ad Antonio: "aggiungi un poco di blu nel calamaio che in parte il cielo deve essere potente". Guardo il Maestro e a mo' di scherzo: "già fatto!". Lui mi osserva non del tutto convinto. Scuote la testa con il senso di non crederci, poi afferma: "Se qui viene fuori un cielo di vari colori, caro Sirio, domani inizio il tuo Decamerone e domani sera te lo consegno". Poi mi osserva, si ferma un attimo ed ancora: "Caro Visani, se è vero…" a questo punto lo stampatore gli mostra la prima prova di stampa. Ernesto si ferma sorridente, poi, ringraziandomi, mi chiede la disponibilità a fargli vedere alcune altre prove. Ed aggiunge: "Appena sarà stampata la seconda giornata del Decamerone te ne regalerò una copia, visto l'aiuto

che mi dai con questo tuo nuovo modo di trattare le lastre litografiche."

Ora sarebbe doveroso un mio commento tecnico per chiarire il tutto, ma credo opportuno non annoiarti, caro Alberto.

Il giorno seguente, per fatti contingenti mi ritrovo nuovamente a stampare per terminare quella piccola cartella dedicata alle api. Teodorani mi avverte che all'ora di pranzo sarebbero giunti Treccani e Minguzzi, poi aggiunge ridendo simpaticamente: "Oggi c'è da ridere". Poi si gira e torna a sedersi nel suo studio poco più avanti, io felice del tutto continuo il mio lavoro ed Antonio mi dice sottovoce "Sai dove ti portano oggi a pranzo?" Io rispondo di no, e lui quasi come a svelarmi chissà quale segreto: "Ti portano in uno dei ristoranti più importanti del mondo, dal famoso Gualtiero Marchesi." Poi si sofferma e, appoggiandomi una mano sulla spalla sinistra, quasi scuotendomi, aggiunge: "Oh, che non ti scappi di dire che offri te visto che ce l'hai per vizio, perché là in quel ristorante ti mangi mezzo guadagno della tua cartella di api appena stampata!", e aggiunge, quasi accorato: "Se tutto va bene", ed io capisco perché Teodorani rideva!

Ma ora salto subito al ristorante per evitarti cose meno tediose. Verso l'ora di pranzo Antonio porta fuori del garage il Mercedes di Teodorani tirato a lucido e ci avverte: "Quando volete la macchina è pronta." Teodorani e Treccani ritornano dentro lo studio per vestirsi. Io già pronto vengo preso da Minguzzi che mi indica di uscire assieme, poi mi porta di fronte al Mercedes di Sirio dicendo: "caro Visani, vedi questo maiale quanto guadagna sul mio lavoro!" ridendo simpaticamente. Poi aggiunge: "Vedrai che oggi gli do una bella fregata, ho te ...bevi e mangia quello che vuoi, così mi aiuterai a fregarlo, l'editore" sorridendo in modo furbesco. Io faccio cenno di approvazione. Nel medesimo istante arrivano gli altri due, parlando fra loro e ridendo.

Già avevo intuito che sarebbe stato un giorno speciale, ma non mi rendevo ben conto

come. Giunti da Gualtierio ad attenderci c'era il famoso cuoco a me noto per una sua copertina su Life. Baci, abbracci... lì l'unico sconosciuto sono io, ma Minguzzi, come sempre ha fatto, dando del tu a Gualtiero gli dice: "Questo è il mio amico Visani, il giovane pittore bolognese che presto esporrà i suoi bellissimi quadri anche a Milano. Spero che almeno uno glielo comprerai!" Gualtiero conferma positivamente e ci accompagna a tavola.

Grande tavolo apparecchiato solo per noi, unico tavolo della sala, quattro camerieri che al momento di sederci ci accomodano la sedia. Io già comincio a sentirmi fuori ambiente, e mi sovviene quando stavo a Belvedere dove a fatica esisteva un piatto ed un cucchiaio per tutti. Sorrido amaramente e scuoto la testa… il cameriere si avvicina e mi chiede se tutto va bene. Gli rispondo positivamente, mentre osservo che ognuno di noi ha di fronte un numero imprecisato di bicchieri cucchiai forchette e quant'altro.

Inizia, fra il tripudio e l'ostentare del famoso cuoco, il balletto offensivo per la fame nel mondo. Piatti enormi con al centro un qualcosa sempre a me sconosciuto, fortunosamente assai piccolo, presentato con un dire tra milanese e francese, accompagnato sempre da un diverso vino versato nei vari calici quasi come assaggio, pertanto se uno era migliore dell'altro subito ti svaniva alla degustante memoria per l'arrivo del prossimo… la cosa, fra il serioso ed il farsesco, è durata assai più di due ore. Quando finalmente siamo giunti, fra commenti più o meno benevoli dei maestri, al famoso caffè, quasi con il titolo parrocchiale di fine messa Andate In Pace, …eh no! era giunto il momento fatidico dell'ora c'è da ridere! Entra un cameriere con un libro in mano e un poco imbarazzato lo appoggia vicino al Maestro Minguzzi. Questi educatamente lo apre, verifica l'importo strizzando gli occhi in segno di grande stangata, poi, inserendo la carta di credito lo allunga al cameriere. Appena soli sbotta: "Ma quest l'è mat!" e continua la scena asserendo "Io qui non torno più", tutti apparentemente rimangono silenziosi e fingono di esserne stupiti. Io mi chiedo allora: la fregata l'ha presa Minguzzi!, quando vedo apparire il cameriere che, educatamente, dice qualcosa a Minguzzi restituendogli la carta di credito. Il maestro per un attimo tace, poi: "Ma siete certi che la mia carta non funziona o è vuota?". Lo sguardo di Treccani all'editore è uno spettacolo. Come dire: guarda 'sto spaccone di Minguzzi, che parla solo di miliardi e non ha una lira sulla cara di credito. Teodorani, alzando gli occhi al cielo, ride e fa cenno di sì a Treccani. Minguzzi con sguardo magistralmente appropriato dice: "Caro Ernesto, per favore fammi la cortesia dagli la tua carta che domani ti restituisco il tutto". Treccani quasi stupito e apparentemente scocciato: "Guarda, Minguzzi, che io non ce l'ho la carta di credito, non l'ho mai avuta.". A 'sto punto il cameriere, con voce accomodante afferma di andare ad avvertire il Gualtieri di ciò che sta accadendo, dicendo non fa nulla: "Ritornerete domani a pagare". Minguzzi ringrazia sbrigativamente, Treccani tace un poco stupito, io non capisco cosa sta accadendo. Ma il Teodorani, il grande ed apprezzato editore in Milano, avverte suo malgrado di sentirsi obbligato a pagare il conto e, guardando il cameriere, sbottando con qualcosa come "prenda" gli allunga la sua carta di credito dicendogli "Con questa si può comprare anche il palazzo". "Oh, oh,... grazie!" dice Minguzzi, "dopo te li rendo". L'editore lo guarda quasi in cagnesco come per dire "Come hai fatto sempre?". In seguito sono venuto a capo dello scherzo così composto in combutta con il Gualtiero: Minguzzi aveva spigato a Teodorani di fare il tiro a Treccani, che era solito evitare di pagare! Ma nessuno sapeva che Treccani non possedeva la carta di credito. Ammesso che fosse la verità… Minguzzi, sapendo che Teodorani non avrebbe mai accettato di fare tale figura, ha continuato lo scherzo costringendo il famoso editore a pagare. Sembrava oramai che il complotto fosse finito, ma alla sera, quando sono giunto a Bologna, mi ha raggiunto una telefonata dell'amico Teodorani, che mi ha detto: "Minguzzi oggi credeva di fregarmi con la scusa della carta di credito ma, credimi, io ho già sistemato il tutto: nel tornare siamo passati dalla stamperia e, dovendo il Maestro firmare una tiratura da me già pagata, gliene ho fatte firmare 8 in più a mezzo milione cadauna. Credo che il conto di poco più di un milione lo abbia pagato abbondantemente lui. Mi raccomando, non dirlo a Minguzzi…" Grande risata e poi "Bona not! Ricordati, Enrico, quando torni su: Ernesto, sollevato per non aver pagato, mi ha regalato due disegni, uno per me uno per te."

Questa giornata mi è sempre rimasta simpaticamente nella memoria ma ho evitato di pubblicarla nel mio libro che parla dei maestri per il timore che l'amico Treccani ancora in vita non fosse pienamente d'accordo cosi come ho fatto per altri maestri viventi. Per finire debbo sottolineare che il più fortunato fui io: questo era il tempo delle vacche grasse oggi finito. In quest'occasione mi fu regalato il Decamerone comprendente una ventina di litografie grandi e una quarantina piccole ed ancora il bel disegno con dedica. Il tutto fa parte della mia collezione di grandi maestri, molti dei quali divenuti anche amici, e lo custodisco gelosamente.

(Enrico Visani)

 

   

 

 

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