ALFREDO BALDRATI, UNO SPORTIVO ENCICLOPEDICO

 

Alfredo Baldrati, uno sportivo enciclopedico

 

Il 3 ottobre avrebbe compiuto 100 anni

 

Il 3 ottobre avrebbe compiuto 100 anni Alfredo Baldrati, tecnico autodidatta, tuttologo sportivo come Molinella non ne ha mai avuti.

Intorno a lui, negli anni a cavallo tra il '30 e il '40, è cresciuta un'intera generazioni di campioni. La sua figura, sconosciuta ai più, andrebbe rivalutata per gli indubbi meriti che Baldrati ha avuto nella promozione dello sport nel nostro paese. Qui sotto il racconto della sua vita.

 


                                                                                                   Gottellini G., Casaletti, Magli, Facchini, BALDRATI, Gottellini P. (Molinella 1941)

 


Non aveva fisico da atleta, Raffaele Alfredo Baldrati (Molinella, 3 ottobre 1913 – Imola, 7 gennaio 1996), e neppure il passo, ma sapeva a memoria tempi e misure di tutti gli atleti del mondo ed ebbe, ai suoi tempi, meritata fama di tecnico.

Da ragazzo aveva fatto il fattorino nella bottega del barbiere Martelli Federico, detto Fedrigòn. Qualche spuntatura di baffi, due barbe e tre coppini all'umberta erano il suo modesto contributo alla soluzione dei problemi economici della famiglia.

Un posto impiegatizio in comune come “ufficiale di scrittura” sembrò la soluzione di tutti i suoi problemi. Ma Baldrati era malato di sport, “una malattia che quando la prendi una volta poi non guarisci più”.

Nel 1936, estasiato dal racconto radiofonico delle imprese di Jesse Owens alle Olimpiadi di Berlino, Baldrati prese il treno e andò a Rapallo, per incontrare Komstok, l'allenatore della nazionale americana di atletica leggera, che aveva scoperto in Alabama la “fenomenale freccia nera” .

Dovette fare qualche giorno di anticamera davanti all'albergo, prima di essere ammesso alla corte del “santone USA”, venuto a svernare in riviera a spese della Federazione, che ne aveva subito approfittato per chiedergli di tenere un corso d'aggiornamento ai tecnici italiani.

Pur non avendo alcun patentino, se non quello della Scuola Radio Elettra Torino, conseguito anni dopo per corrispondenza, Baldrati fu ugualmente ammesso a frequentare “l’università dello sport di Rapallo”. Alla scuola di Komstok apprese così i segreti del mestiere e, quando tornò a casa, offrì gratuitamente tutta la sua passione e la sua scienza di tecnico autodidatta a Bertocchi e Facchini, talenti ancora inespressi dell’atletica molinellese.

Fu il primo ad intuire le straordinarie potenzialità di Facchini. Quando lo vedeva correre così leggero sulla pista in terra rossa dello stadio, Baldrati malediva la natura matrigna che aveva regalato al suo allievo le ali per volare  e a lui i piedi piatti.

Tutti i lunedì mattina, con qualunque tempo (magari “sfidando il nevischio a petto nudo”, come vuole la leggenda), Baldrati prendeva la bicicletta e correva in stazione a Bologna per comprare, ancora fresca di stampa, La Gazzetta dello Sport appena arrivata da Milano. Voleva arrivare in anticipo sulle notizie, che gli amici del bar avrebbero potuto leggere, se tutto andava bene, solo nel  pomerriggio, dopo l'arrivo della corriera che scaricava i pacchi dei giornali davanti all'edicola di Bigoni.

Misurava il valore di un risultato sportivo dal numero di righe che gli dedicava la Gazzetta. “Se non vedi il tuo nome, anche scritto in piccolo sulla Gazzetta - diceva Baldrati - vuol dire che la tua impresa non vale niente”.

In quegli anni, Baldrati fu voce e memoria di ogni avvenimento sportivo. Seduto al tavolo del bar, spiegava agli amici le ultime notizie della rosea, raccontava la partita o la gara come solo Nicolò Carosio avrebbe saputo fare.

Dal cui eloquio era rimasto affascinato fin da quel 14 novembre 1934, il giorno famoso di Italia Inghilterra, quando “la Voce del vecchio Nik dal whisky facile irruppe improvvisamente su Molinella attraverso l'apparecchio radio che Arduino aveva messo sul davanzale della finestra del suo locale, tenendo i vetri del bar aperti (nonostante il freddo pungente) e il volume alle stelle, perché anche da fuori tutti potessero seguire in diretta, dallo stadio di Higbury, la partita degli azzurri campioni del mondo.

 


                                                        In piedi: Magli, Facchini, Casaletti, Gottellini P. ; sotto Gottellini G., BALDRATI (1941)

 

Baldrati fu il maestro e il punto di riferimento di una giovane generazione di atleti che, in diverse discipline, regalò grandi soddisfazioni allo sport molinellese. Quella stagione finì con la guerra. “Di questi tempi – scriveva tristemente Baldrati nel 1942 ad un amico in armi – lo sport è passato in secondo piano, come puoi ben immaginare. Dopo le ore d'ufficio in Comune, vado al campo sportivo con quei pochi ragazzi che lo frequentano ancora e vi rimango fino alle otto o alle nove di sera, qualche volta purtroppo anche da solo...”.  

Dopo la guerra fu “epurato per motivi politici”, volendo evidentemente qualcuno fargli pagare la sua passione sportiva e il suo attivismo come “propaganda del passato regime”. Perse il posto in Comune (dove tornò a lavorare solo diversi anni dopo). Per campare, fu costretto ad inventarsi qualche lavoretto come rilegatore di libri e riparatore di radio.

Pianse per la morte di Coppi. Svenne per l'emozione davanti alla tv, quando vide Berruti tagliare per primo il traguardo dei 200 a Roma '60. Si esaltò per le imprese sul ring di Nino Benvenuti. Soffrì per il Bologna, in quella tribolata stagione 1963-64, che si concluse però in modo trionfale, con la conquista del 7° e ultimo scudetto da parte dei rossoblu.

Proprio in quell'occasione, mentre infuriava lo scandalo del doping, si compì il grande tradimento: buttò via La Gazzetta e passò alla lettura di Stadio, perché aveva colto nel giornale di Milano “un'evidente inclinazione filo-interista”.

Dopo aver assistito ad un fatto del genere, gli amici del bar dicevano che Baldrati non era più lui. Quello con La Gazzetta era un amore durato più di trent'anni. Da quella delusione amorosa, Baldrati non si riprese mai più. Era come fosse diventato vedovo per la seconda volta. Con la differenza che per sua moglie non aveva pianto, questa volta invece si.

Raffaele Alfredo Baldrati, classe 1913, si è spento a Imola nel 1996, nella casa di riposo in cui era ricoverato da qualche anno. “Nell'ultimo dormiveglia – ha scritto  Bertocchi, nel dirgli addio sul 'caffè'deve avergli fatto visita il ricordo di Beppe Savoldi (o era forse Angiolino Schiavio? Ultimanente li confondeva sempre quei due...) e Baldrati è stato come rapito da quell'imperioso stacco verso il cielo”.



(Andrea Martelli, Vite di molinellesi illustri; ed. La Compagnia del Caffè, 2012)

 

 

   

 

 

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