"Molinella gente bella” così recita un proverbio, forse troppo su misura. Paese di nebbia e di fiume. Gente pronta alla lotta e allo sciopero, ma anche legata alla terra e che conosce il duro lavoro nelle risaie, nei campi e nelle officine.
Gente fiera e coraggiosa, che nel passato partiva per seguire la sua vita ma che non ha mai dimenticato le origini. Quasi sempre è ritornata a casa.
Severino Ferrari, il poeta di Alberino, allievo di Carducci e amico di Pascoli. Diego Sarti, scultore le cui opere si possono ammirare in tutta Italia. Scarabelli il poeta emigrato in America e Oriali il giocatore dell’Inter e molinellese di origine.
Paese curioso l’Italia, dove tutto va un po’ controcorrente, perfino le torri salgono storte, non quelle degli scacchi, ma quelle in mattoni cotti, che reggono ancora lì, dopo secoli, fiere e spavalde dall’alto della loro storia. E di storie curiose e singolari ne ha viste scorrere innumerevoli sotto di se il Campanile pendente di Molinella, sicuramente meno celebre del monumento pisano, attribuito dal Vasari a Bonanno Pisano eppure di incerta paternità, ma in quanto a scarsa verticalità altrettanto e forse ancor più pendente. Dall’alto della Torre Campanaria si domina tutta la fredda pianura del Reno fino a San Luca e alle pendici bolognesi nonché la sottostante magnifica piazza Garibaldi nelle cui immediate vicinanze, all’inizio del secolo scorso, esisteva un antico Caffé, il Caffé Centrale, di cui purtroppo ora a stento si rammentano solo i molinellesi più avanti con gli anni. In quel Caffé, all’epoca, si radunavano tutti i pomeriggi, e certe volte fino a sera inoltrata, tutti gli appassionati scacchisti del comprensorio e tra essi un maestro, non già un maestro di scacchi, bensì un semplice maestro elementare, il Signor Raffaele Buonocore, che in gioventù aveva prestato servizio da Guardiamarina nella flotta Borbonica per stabilirsi in seguito, per uno di quegli strani casi della vita, a Parigi dove ebbe modo di frequentare, pur se saltuariamente, in rue Saint-Honoré al numero 161, il Café de la Régence. Il Signor Buonocore millantava compiaciuto perfino un incontro in simultanea contro il campione russo Chigorin in viaggio verso Hastings per il celeberrimo torneo del 1895 vinto dal giovane astro americano Pillsbury. Ma quando s’accingeva a raccontare l’episodio agli increduli compagni di caffé, questi assumevano un’espressione perplessa di fronte a quei nomi stranieri dalla pronuncia difficile ed il Signor Buonocore accorciava alla bell’e meglio il racconto per non apparire troppo pedante. Tuttavia quando si trattava di sedersi alla scacchiera l’espressione dei suoi avversari mutava tutta d’un tratto per farsi seria e preoccupata, non ammetteva infatti interlocutori la forza di gioco del maestro di scuola elementare Raffaele Buonocore.
Ma nella foga della storia abbiam tralasciato di narrare com’era capitato dalla capitale parigina in quello sperduto paese della campagna bolognese tra Budrio e Ferrara. Nel sobborgo parigino di Poissy il Signor Buonocore s’era trasferito al seguito di un Contrammiraglio francese conosciuto a Napoli e di cui era stato attendente per un breve periodo. Per i validi servigi prestatigli in tempo di guerra l’anziano Contrammiraglio in pensione l’aveva assunto come giardiniere nell’amena tenuta di famiglia ove si era ritirato a vita privata. Poissy è a un tiro di schioppo da Médan ed un’estate allorquando uno dei conoscenti del Contrammiraglio si ritrovò per disgrazia col giardiniere infermo il Signor Buonocore fu inviato a dar una mano nel giardino della Villa di Monsieur Zola, ove di tanto in tanto, oltre a disquisire di poesia e letteratura, faceva capolino anche una scacchiera ad intrattenimento degli illustri ospiti.
In quel “trou charmant” serviva da cameriera una graziosa signorina italiana e di questa leggiadra fanciulla il Signor Buonocore s’infatuò perdutamente. Ella aveva un nome singolare, Duilia, e tutti la chiamavano alla francese “Mademoiselle Duilià”. Era originaria appunto di Molinella, e quando sua mamma s’ammalò e dovette rientrare in Italia, il Signor Buonocore decise di lasciar tutto e di seguirla. Si fidanzarono e presto seguirono le nozze. Da Molinella non si mossero più per tutta la vita, lei aveva trovato un modesto impiego come sarta e lui insegnava l’abecedario ai bambini della vecchia scuola elementare di Via De Amicis. Era conosciuto da tutti come il Maestro Buonocore, o più semplicemente come “il Maestro” e basta. A scacchi Maestro non lo era mai stato ma tra le vecchie carte abbandonate che i suoi nipoti ritrovarono in fondo ad un vecchio cassetto polveroso c’era anche il manoscritto di una sua partita giocata anni addietro durante la permanenza giovanile parigina.
Ecco la fedele trascrizione.
Fonte http://soloscacchi.altervista.org/?p=3903 - Scritto da: Martin Eden | 5 gennaio 2010