Quelli che sapevano la Divina Commedia a memoria. Ri-Lettura Dantis di Bertocchi

 

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I molinellesi Alpìnolo Viviani (1849-1933), veterinario-filosofo appartenente ad una delle più antiche famiglie del paese, e Giuliano Bejor (1923-1985), conte di Bagnacavallo, professore emerito, tuttologo e comproprietario del cinema comunale, tra i loro contemporanei avevano fama di conoscere la Divina Commedia a memoria. Ci hanno lasciato entrambi un ricchissimo repertorio di aneddoti curiosi e divertenti citazioni di cui abbiamo già scritto in molte altre occasioni. Qui, nell'intermezzo dantesco del 16 settembre scorso, Sandro Bertocchi ne cita (in rima) un paio e i due noti personaggi li mette all'Inferno, tra gli epicurei gaudenti, come probabilmente avrebbe fatto anche Dante, se i nostri due illustri concittadini, anziché a Molinella, avessero vissuto nella Firenze del '300.

Nelle celebrazioni del più grande - settecentanni dalla dipartita - dell’Alighieri maestro di vita - di cui la fama nell’orbe s’espande -tra lo stupore della nostra gente - nel tempo che regnava il fiero Dario - quei che d’affreschi avvolse il circondario - succedette una cosa sconvolgente - Quali colombe dal disio chiamate - lassi venian per corso Mazzini - il conte Beyor dai modi assai fini - e il prode Al Pinolo arguto vate - Eran gli illustri esuli in permesso - per concessione di Caron Dimonio - s’avanzavano come in matrimonio - accompagnati da Minosse stesso - Immortalati entrambi dalla storia - menavan vanto a noi concittadini - illetterati miseri tapini - di saper dir la Commedia a memoria! - Venian dal quinto canto, Lussuriosi, - si come in vita amarono il fracasso - della passione a loro contrappasso - eran sbattuti da venti furiosi - Elena Semiramide Cleopatra - con Paride ed Achille, quel Pelide - che i miseri troiani ancora irride - eran loro sodali, idolatra - come Paolo e Francesca tristi amanti - cui proprio mentre stavano godendo - l’amor negato con crimine orrendo - Gianciotto lo sciancato e i suoi mandanti - tolser la vita ma non certo Amore - sicchè pur prede del truce Minosse - rivolser loro parole commosse - sia l’Alighieri che il fido Dottore - Levossi Al Pinolo, che un ner pastrano - tutto il copria dal capo alle ginocchia - e proferì in tal modo con sua spocchia - c ‘a noi che ascoltavamo parve strano - “ O Molinella saragatta gente - che me filosofo devoto a Plato - per aver del suino il cul violato - mise alla gogna quale impenitente - me figlio tuo che come molti sanno - ( tu sola non rammenti son sicuro) - fui uno tra i seguaci di Epicuro - che l’anima col corpo morta fanno - Tra quei che non peccaro spirto magno - tra li tuoi figli figlio tra i più in vista - balenommi l’Emporio Socialista - che non pretese lodi nè guadagno - lassando al Cittadino libertà - d’entrare e far provvista senza fretta - ponendo dentro lignea cassetta - giusto compenso come il giusto fà - Oh la gran delusione Molinella - popolo di risaia disonesto - mise fora un cartello “ E’ ancora presto!” - rubasti soldi e cassa, danno e jella! “ - Il conte Beyor che li stava accanto - a guisa di rapace predatore - qui prese la parola “ Son Dottore - e dirovvi il motivo del mio pianto - Me ne stava d’estate passeggiando - sulla riva del mar quando qualcuno - vedendo mia possanza a petto nudo - invitommi a giocar, io non deludo - e presi parte chè mancava uno - che sapesse crossare con destrezza - nel gioco del pallone sulla spiaggia - allor mi parve fare cosa saggia - e colpii col pallone a mezz’altezza - il cranio d’un teutonico tedesco - capo pelato sotto sabbiatura - come espiasse pena prematura - e lì se non fuggivo stavo fresco - M’allontanai come lonza leggera - Prodigandomi onde evitar pelati - che m’inseguisse ancorchè trafelati - persi equilibrio non so in qual maniera - e caddi, come corpo morto cade - Per espiar legatomi a una sedia - mandai novello Alfieri la Commedia - tutta a memoria come ai genii accade” - Restammo lì senza saper che fare - ghiaccio le mani sudata la fronte - giacchè il solo pensiero di Caronte - fuscelli al vento ci facea sembrare - Ma a toglierci d’impaccio fu Minosse - mostruoso, loro miseri, animale - che con colpo di coda magistrale - legolli entrambi come cappio fosse - e disse “ Molinella! Deggio andare - li porto meco, e più non dimandare!” - .. e andarono tra insulti e tra percosse - riposto entrambi lo spirto ribelle - a modo loro a riveder le Stelle.

 

 

 

(Sandro Bertocchi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

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