Giovanni Juan Scarabelli, l'artista molinellese tra gli aficionados del Boca Juniors
Arrivato al nostro indirizzo attraverso una serie di contatti che sarebbe troppo lungo e complicato descrivere, il signor Orazio (Horacio) Evangelista Ibba, che vive da anni in Argentina, dove si occupa di scambi culturali tra l'Italia e il paese sudamericano, ci segnala la foto che vedete qui sopra (la trovate anche su internet).
Si tratta di una formazione dell' Atletico Boca Juniors di Buenos Aires, stagione 1911, quando “la squadra degli italiani d'Argentina”, fondata 6 anni prima, evitò la retrocessione in Secunda Divisiòn solo all'ultima giornata.
Tra i giocatori seduti in prima fila, ci fa notare il nostro interlocutore, vi è Pedro Calomino, il primo vero idolo del pubblico xeneize, che poi ha applaudito tanti altri campioni, fino ai contemporaneos Batistuta e Maradona.
Ma non è questo il particolare più interessante della foto per il signor Ibba, il quale ha voluto invece richiamare la nostra attenzione sulle persone affacciate alla ringhiera che si intravedono dietro la squadra, dicendo che i primi due da sinistra sarebbero rispettivamente Luis Fontana, padre del pittore spazialista Lucio Fontana (“quello famoso per i suoi tagli”) e lo scultore di origine molinellese Juan Scarabeli, qui ritratti a fianco del presidente Brichetto e alcuni aficionados del club (Renucci, Lintze, Perugini e altri).
Ne abbiamo preso atto con piacere, senza aggiungere altro, essendo piuttosto relativa la nostra conoscenza del personaggio Scarabelli, basata esclusivamente sulle note biografiche che si ricavano dai libri del dottor Calori.
A margine, ci limitiamo ad osservare banalmente che il 1911 della fotografia è anche l'anno in cui nasce il Molinella Calcio, ma questo non c'entra nulla con la nostra storia.
Ci è sembrato quindi opportuno passare la palla, diciamo così, a Francesco Martelli, che nel 2020 si è laureato in Storia dell'Arte con una tesi proprio su Giovanni Juan Scarabelli (am)
Dall'osservazione di questa foto – gli chiediamo – emerge qualche elemento di novità rispetto a ciò che sapevi già di Scarabelli?
Certamente sì. Il critico José Siccardi, lo descrive post mortem come uno spirito eclettico, che amava l'arte, la musica (suonava la chitarra e il mandolino), il ballo e la fotografia, ma non dice nulla riguardo la passione di Scarabelli per il futbol. L'unica cosa che mi lascia un po' perplesso è il fatto che Rosario, la città in cui viveva il nostro concittadino, dista più di 300 km da Buenos Aires. E allora, la domanda è questa: se davvero amava il calcio, perché questa passione non era appagata dal tifo per il Rosario Central o per l'altro club di Rosario, i Newell's Old Boys. Essendo però il Rosario Central sostenuto soprattutto dal tifo degli inglesi e il Newell's nel cuore di inglesi e tedeschi insieme (mi sono documentato in questi ultimi giorni), è quindi probabile che Scarabelli, avendone la possibilità, da buon italiano preferisse frequentare il Boca, cioè la “buca”, il quartiere più basso di Buenos Aires, spesso sommerso dalle acque del Rio de La Plata, dove abitavano tra grandi pozzanghere gli italiani più poveri. E' anche vero che nel 1911, avendo appena realizzato l'opera più famosa, vale a dire il Monumento a l'Agricoltura Nacional, la premiata ditta Fontana y Scarabelli era al culmine della fama e i due soci titolari venivano continuamente invitati a presenziare feste, inaugurazioni e altri appuntamenti mondani. Questo potrebbe essere il motivo della loro occasionale presenza alla partita del Boca Juniors, accolti come ospiti di rispetto dal presidente del club.
Giovanni Juan Scarabelli (Rosario, 1908) Lucio Fontana, 1959
Ma chi era, in sostanza, Giovanni Juan Scarabelli?
Giovanni Scarabelli (Molinella, 1872 – Rosario, 1942), terzo di cinque fratelli, era nato a Molinella il 14 luglio 1872 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri e commercianti tra le più agiate del paese. L'atto di nascita, custodito presso l'Ufficio Anagrafe del Comune di Molinella, fa giustizia di un errore che, per qualche strana ragione, si trascinava da decenni, indicando il 1874 come anno di nascita del nostro concittadino.
Da giovane, Scarabelli ebbe fama di bohémien. Nella Molinella borghese di fine 800, si raccontava dei suoi incontri amorosi all’Albergo dell’Angelo con una bella signora di Torino che aveva perso la testa per lui. Aveva studiato all'Istituto delle Belle Arti di Bologna e poi all'Accademia di Bergamo, frequentato gli epigoni della “Scapigliatura” milanese ed è qui, negli ambienti di Brera, che conosce probabilmente Luigi Fontana, che ritroverà qualche anno dopo in Argentina.
Prima di imbarcarsi per le lontane Americhe, Scarabelli lasciò per ricordo all'amico Roberto Martelli quattro tele di soggetto floreale, raffiguranti le Quattro Stagioni, avvolte nelle pagine del giornale socialista L’Avanti! La Primavera e l'Autunno, scampate al saccheggio del tempo e a diversi traslochi, sono (per quanto ne so) le uniche testimonianze pittoriche del suo periodo molinellese.
Nel 1898, circa 34mila italiani emigrarono in Argentina: Giovanni Scarabelli era uno di questi. Ma non furono certo i morsi della fame, come avvenne per la maggior parte dei nostri emigranti, né motivi politici, come fu per molti molinellesi di quel periodo, a spingerlo sul piroscafo a vapore in partenza da Genova. Tant'è che non troviamo il suo nome nelle liste di imbarco/sbarco dei passeggeri di seconda e terza classe, recentemente infomatizzate dal Centro Studi dell'Emigrazione Italiana che fa capo alla Fondazione Agnelli. Viaggiò probabilmente tra i signori della prima classe, dove prevalevano motivi di lavoro, senza però alcuna rilevanza dal punto di vista statistico-migratorio.
Sulla rotta del Plata, i piroscafi a vapore della Compagnia Italiana di Navigazione impiegavano circa tre settimane a compiere il lungo viaggio da Genova a Baires. Da una lettera della moglie (sposata nel 1914, dalla quale non avrà figli), veniamo a sapere che Scarabelli sbarcò in Argentina il 13 giugno 1898, giorno di Sant'Antonio.
Dopo un breve soggiorno al barrio italiano della Boca, trovò inizialmente lavoro come illustratore del giornale “Roma”, che si pubblicava nella città di Marcos Juarez, vicino a Còrdoba. L'anno seguente si trasferì a Rosario, chiamato dal vecchio amico Luigi Fontana, divenuto nel frattempo Luis, artista e imprenditore di successo, che (particolare di non poca importanza in questa storia) aveva appena avuto un figlio di nome Lucio.
Luis Fontana, originario della provincia di Varese, si era specializzato nell'arte funeraria. Le sue opere monumentali, in bronzo o in marmo, quasi sempre a soggetto religioso. abbellivano le tombe delle famiglie più importanti di Rosario, A differenza di Scarabelli che non tornò più a casa, Luis veniva in Italia tutti gli anni a scegliere personalmente i blocchi di marmo di Carrara, di cui riforniva alcuni famosi atelier dell'Argentina.
Assunto come semplice lavorante nel 1899, tre anni dopo Scarabelli divenne socio del Cavalier Fontana. Nacque così la Fontana y Scarabelli Escultores en Rosario, che oltre alle tante committenze private ebbe anche numerosi incarichi per la realizzazione di opere pubbliche importanti. Ne cito una soltanto: il Monumento all'Agricoltura, inaugurato l'8 settembre 1910 nella città di Esperanza, provincia di Santa Fé, prima colonia agricola del paese, un'opera che regalò soldi e grande prestigio ai due soci.
Ad un certo punto, però, Fontana è costretto a rientrare in Italia per motivi familiari. In sua assenza, Scarabelli rimane da solo a fronteggiare gli effetti della grande crisi del 1929. La situazione precipita. A nulla serve il ritorno in sella del Cavalier Fontana. La società Fontana y Scarabelli, che negli anni d'oro contava più di 80 dipendenti tra artisti e operai, nel 1935 viene messa in liquidazione. Per pagare i debiti, Scarabelli è costretto a vendere tutto quello che ha, compresi i tanti bozzetti delle sue opere. che sarebbero stati utilissimi per un giudizio critico più attendibile sulla sua produzione artistica.
Sopraffatto dallo sconforto per le sue condizioni economiche e dalla nostalgia per Molinella e gli amici (di cui vi è traccia evidente nelle ultime lettere ai famigliari che ho potuto leggere grazie alla disponibilità della nipote, signora Lalla), Giovanni Juan Scarabelli muore di cancro a Rosario l'8 aprile 1942, senza poter rivedere il paese che aveva lasciato 44 anni prima.
E' bello scoprire quante cose racconta una semplice fotografia! Ti chiedo però un'altra cosa: qual'era l'obiettivo della tua tesi, intitolata, mi hai detto, “Giovanni Juan Scarabelli e i Fontana: una traccia artistica suggestiva”?
Sono partito dall'ipotesi che Juan Scarabelli potesse avere in qualche modo influenzato l'arte di Lucio Fontana, figlio di Luis, fondatore del movimento spazialista, noto in tutto il mondo per i suoi “tagli”, le cui opere valgono milioni di euro, posto che i due, Scarabelli e Fontana figlio, hanno avuto percorsi e modelli artistici di segno contrario. Scarabelli nasce pittore e solo dopo il suo arrivo in Argentina diventa scultore; Fontana Jr, al contrario, è scultore e poi pittore, prima di superare entrambe le forme, a partire dal 1946, nella nuova dimensione spaziale dei buchi e dei tagli.
Impossibile anche comparare il classicismo formale di Rodin, a cui si ispiravano Scarabelli e Fontana padre, con l'espressionismo sofferto di Wildt, maestro di Fontana figlio. Un esperienza artistica comune a cui si dedicarono entrambi è l'arte della ceramica, ma anche qui ogni confronto è impraticabile: le ceramiche di Fontana jr, influenzate comunque dall'astrattismo a cui l'artista molinellese fu sempre estraneo, andarono quasi completamente distrutte nel bombardamento di Milano; quelle di Scarabelli sono tuttora introvabili, disperse tra tante collezioni private dopo il dissesto economico della società Fontana y Scarabelli, oppure “trafugate con l'inganno” da mercanti d'arte disonesti, come racconta in una lettera, con ricchezza di nomi e di particolari, la moglie di Juan. Esiste soltanto un elenco, pubblicato sul catalogo della mostra postuma che si tenne nel 1947 alla Galleria Renòm di Rosario: una trentina di ceramiche in tutto, senza alcuna foto.
Vista preclusa ogni possibilità di confronto sul piano strettamente artistico, mi sono quindi deciso a spostare lo sguardo su altri piani, andando a cercare nelle biografie dei due artisti, tratti comuni, affinità e differenze che permettessero almeno un confronto.
E alla fine cos'hai concluso? La tua ipotesi iniziale ha trovato conferma?
Che Lucio Fontana frequentasse fin da piccolo la bottega del padre Luis e del suo socio Juan, che qui abbia sentito per la prima volta la vocazione all'arte, che qui abbia appreso i primi rudimenti della scultura, è sicuro. Lo dice lo stesso Fontana in tante interviste. Non si può però attribuire più meriti a Juan Scarabelli di quanti ne abbia avuti eventualmente Luis Fontana, nella formazione artistica del figlio Lucio.
Lucio Fontana amava la musica e il tango, “il ballo triste” nato nei quartieri popolari sulle rive del Plata alla fine dell'800. “Ma il tango – gli chiese una volta Paolo Pietroni de La Stampa – c'entra qualcosa con i tuoi tagli?”. Sì, certamente – rispose l'artista – braccia e gambe si muovono avanti e indietro con colpi improvvisi, che spezzano la trama del quadro come i miei tagli. Il tango non è un idilio romantico, il tango è una sciabolata che si ripete all'infinito...”.
In una successiva conversazione con il pittore Julio Vanzo, ripresa poi da una rivista d'arte, Lucio Fontana rivela all'amico che da piccolo stava per ore nella bottega del padre a Rosario: “Li guardavo lavorare – dice - Mio padre quasi accarezzava la materia, la tondava. Juan, invece, l'aggrediva con colpi secchi e precisi come sciabolate”.
Il tango svela dunque le affinità che cercavo tra Lucio Fontana e Juan Scarabelli. Se il ballo nazionale degli argentini, con quei movimenti di braccia e gambe simili a “sciabolate”, c'entra molto con i tagli di Lucio Fontana, non è azzardato pensare che c'entrino con i tagli anche quei colpi secchi e precisi come “sciabolate” che Juan Scarabelli, sotto gli occhi del giovane Fontana, infliggeva al marmo nella bottega di Rosario. La prima scintilla, mi piace pensare, di un incendio che ha illuminato il mondo dell'arte del XX secolo.
E quindi, se anche non è arrivata a conclusioni certe, la mia tesi lascia almeno le porte aperte al dubbio.
(L'intervista a Francesco Martelli è stata realizzata da Antonio Michielon)