Trent'anni senza Gianni Brera. Un inedito del grande giornalista lombardo in esclusiva per 2Caffè
Il 19 dicembre di 30 anni fa moriva in un incidente stradale Gianni Brera.
Biografo ufficiale del Gioànbrerafucarlo, il professor Andrea Maietti, lodigiano, già nostro ospite, l’anno scorso, in una delle tre serate dedicate a Dante Alighieri, ci ha inviato un inedito del grande giornalista lombardo.
Qui Brera racconta nel suo stile inconfondibile chi era Fanfulla, quello strano personaggio da cui prende nome la squadra di calcio di Lodi, che – come ci ricorda il professor Maietti – fu avversaria del Molinella nel famoso campionato di Serie B 1939-40. Aggiungiamo che il Fanfulla tenne a battesimo il Bologna, all’esordio dei rossoblu in C nel settembre del 1983 e che anche Andrea Landi, poco di un mese fa, ha incontrato il Fanfulla a Mezzolara.
Ad ogni modo, ecco l’inedito di Brera che ci onoriamo di ospitare.
Fanfulla da Lodi
di Gianni Brera
A farmi dubitare dell’esistenza di Fanfulla è stato Massimo D’Azeglio, pubblicamente giudicato un ‘ciolla’ da Camillo Benso di Cavour. Il suo romanzo, ‘La disfida di Barletta’, veniva considerato delittuosamente il secondo della nostra narrativa in tutti i trattati di letteratura precedenti l’ultima guerra. Il protagonista è tale Ettore Fieramosca da Capua: come dire un Ciccillo Cacace di Capafugata. Uno dei suoi comprimari, tanto caposcarico, è Fanfulla da Lodi. Il marchese Massimo non era tenero, a pensarci, con i lombardi: e Fanfulla ci faceva scomparire. Già il nome era bislacco la sua parte. Poi, la stranezza del personaggio: quella che risultava dalla sua figura alta e allampanata. Eroe poteva essere solo per dispetto. E se combatteva i francesi era perché lo pagavano gli spagnoli. Soldato di ventura, cavaliere per nobiltà e censo, sicuramente munito di compagnia, di cavalli e di servi-soldati o scudieri. Insomma, un’invenzione che poco mi garbava, sebbene le nebbie della nostra Bassa giustificassero qualsiasi portento dell’immaginazione. Mi ha poi colpito, da più grandicello, il fatto che proprio gli sportivi di Lodi si fossero ricordati di quel mattocchio, e che all’immagine sicuramente fantastica del capitano di ventura avessero dato un senso intraprendendo l’agonismo sportivo. Allora fermamente ho creduto in Fasulla, arrivando a immaginarlo quale doveva essere, un abduano come erano stati i Visconti, nostri indimenticati Signori; uno capace di lanza e di archibuso, ma soprattutto di spada e di stocco; non alto né allampanato, bensì ben fatto e tosto, gli occhi balenanti di sarcasmo e di rabbia, il palato assuefatto da sempre al buon vino ammandorlato delle nostre colline, ai polli in creta, ai poderosi bottaggi invernali (verze, maiale, oca…). Sì, Fanfulla da Lodi può anche non avere vissuto, ma il Fanfulla di Lodi lo ha fatto idealmente vivere come agonismo comporta: lo ha messo in arcione e lanciato contro la desolata miseria di quegli anni. Come la gran gente bassaiola ha la sua degna capitale a Lodi, così Fanfulla ne è l’eroe eponimo: e noi tutti lo accettiamo, perché vivo e credibile l’hanno voluto i suoi. In tanto digrignare di ossessi, il ridanciano Fanfulla garantisce salute e buon umore.
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Stupiti da questo inatteso regalo, tanto per restare in tema abbiamo inviato al professor Maietti la cronaca della partita Fanfulla-Molinella 5-0 (dal Resto del Carlino del 10 ottobre 1939). Era la 4^ giornata di andata.
Nel girone di ritorno, le cose andarono decisamente meglio per il Molinella, che in casa si impose 2-0 sui lodigiani, ma questo non fu sufficiente ad evitare la retrocessione. Salvo, invece, il Fanfulla (11°). (Redazione / Il Caffè-Duecaffè)