La tribù del surf: anche Molinella ha i suoi campioni

 

Nicola Zoni, un molinellese alle Canarie

  

Tuttosport di mercoledì 2 ha dedicato una pagina al ricordo del californiano Hobart Hobie Alter, l’inventore del surf moderno, scomparso qualche giorno fa, alle soglie degli ottant’anni.

Alter si sarebbe probabilmente arrabbiato nel sentire parlare del surf come di “uno sport di nicchia”.

Il surf, infatti, più che uno sport, è una passione, uno stile di vita. Affrontare la nebbia, il freddo, le levatacce per arrivare al mare – scrive Roberto Casonato su Il Mattino.it - è qualcosa di meraviglioso. Poter prendere anche una sola onda ripaga abbondantemente delle fatiche, dei sacrifici e delle inutili “schiume” prese in faccia”.

 

Un po’ di storia

Il surf, o meglio: il surf da onda (in hawaiiano he'e nalu, che vuol dire "cavalcare sulle onde") nasce alle Hawaii. Il primo a parlarne fu il famoso capitano inglese James Cook (1728-1779), che durante il suo Terzo Viaggio nei Mari del Sud racconta sul diario di bordo le imprese dei polinesiani che cavalcavano le onde su rudimentali tavole di legno, descrivendoli come “persone che sembrano provare un'immensa gioia nel farsi trasportare dalle onde del mare”. Le tavole, scrive ancora Cook, “erano costruite legando assieme tre tronchi cavi piegati verso l'alto sulla prua”. Qualche anno dopo, nel 1835, l'esploratore scozzese James Edward (1803-1885) racconta che in Guinea aveva potuto osservare “dei ragazzi che nuotavano nel mare con delle tavole leggere al di sotto della pancia. Aspettavano un'onda e poi si lasciavano trascinare a riva ergendosi su di essa come fosse una nuvola. Si diceva tuttavia che degli squali di tanto in tanto sbalzassero da dietro gli scogli e li inghiottissero”. Messo al bando durante il Colonialismo dai missionari calvinisti, “a causa delle nudità dei polinesiani esposte al vento”, il surf venne ripreso con interesse tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Un fondamentale contributo alla diffusione del surf dalle Hawaii verso il resto del mondo venne dal nuotatore hawaiano Duke Kahanamoku (1890-1968), medaglia d’oro nei 100 stile libero alle Olimpiadi di Stoccolma 1912 e di Anversa 1920: questi, durante i suoi viaggi da un continente all’altro per partecipare alle più importanti gare di nuoto dell’epoca, portò il surf sulle coste statunitensi ed australiane.

 

                                    Duke Kahanamoku                                                                 Greg Noll

 

Dalle Hawaii, il surf sbarca in California

In pochi anni, le spiagge della California divennero “l’università mondiale del surf”. Qui, negli anni ’50-60 del secolo scorso, il surf conobbe il suo periodo d’oro. Uno dei personaggi più celebri a livello mondiale è stato Greg Noll, classe 1937, supercampione della prima generazione di surfisti californiani, soprannominato "Da bull", il toro, proprio per la sua caparbietà, per la sua ostinazione a surfare le onde che tutti gli altri surfisti ritenevano impossibili. Leggenda vivente del surf, la sua foto in costume a righe mentre osserva dalla spiaggia l'onda enorme di Waimea è l’icona dei surfisti di tutto il mondoHobie Alter (1934-2014), detto “l’Henry Ford delle grandi onde” è stato invece “il grande innovatore”, colui che ha inventato il surf moderno. Nel 1958, quando ancora si utilizzavano tavole di legno di balsa, molto lunghe e pesanti (longboard), Alter cominciò a costruire le sue tavole in schiuma di poliuretano, materiale leggerissimo che garantiva altissime prestazioni in mare. Nei cinque anni successivi, dallo stabilimento di Dana Point uscirono tavole al ritmo di 250 alla settimana. "Hobie" sponsorizzò alcuni tra i migliori surfisti dell’epoca (Phil EdwardsJoey CabellCorky Carroll), che su tavole personalizzate si esibivano al Banzai Pipeline nell’isola di Oahu, luogo leggendario per gli enormi tubi d’acqua. Una colossale operazione di marketing, che incrementò ulteriormente le vendite. Il marchio "Hobie" dominò la scena del surf fino a tutti gli anni ‘70,

 

Il surf moderno

 

                                      Kelly Slater                                                                        Garret Mc Namara 

 

Lo stile di Noll e le invenzioni di Alter contribuirono moltissimo all’affermarsi, specialmente negli Stati Uniti, di una vera e propria “cultura del surf”, basata su uno slang particolare, con una propria musica, gesti e comportamenti tipici dei “beach boys”. Dalla metà degli anni ’80 ai giorni nostri, grazie all’introduzione dello shortboard (tavoletta), di misura più piccola e con tre pinne (thruster), la tecnica del surf si è evoluta particolarmente in fatto di velocità e nella ricerca di manovre acrobatiche (aerials) sempre più azzardate. Il campione che ha vinto più titoli in assoluto è Kelly Slater, che nel 2011, a 39 anni di età, si è aggiudicato per l'undicesima volta il Campionato del Mondo Professionisti. Solo qualche tempo fa, a Nazare, in Portogallo, Garrett McNamara, quarantacinquenne surfista statunitense, già “recordman dell’onda più alta”, è entrato di nuovo nel Guinness dei Primati, cavalcando un'onda alta quasi 30 metri, come un palazzo di 10 piani. 

 

Fabio Benetti, il mitico Benno

  

Il surf in Italia

La variegata comunità surfistica italiana conta attualmente circa 50mila praticanti. Quasi il 30% di questi si sposta da una costa all’altra, seguendo le mareggiate. Il nostro è un paese relativamente giovane per il surf. La prima generazione di surfisti italiani fece la sua timida comparsa verso la fine degli anni ’70, sull’onda del successo (è proprio il caso di dire così) del film “Un mercoledì da Leoni” di John Milius. Le prime vere comunità surfistiche, con un loro club e un loro surf-shop, sorsero in Versilia solo all’inizio degli anni 80. Da quel momento, sono nati un po’ ovunque lungo lo Stivale negozi, riviste, siti web, blog, eventi, gare, federazioni e club dedicati a questo appassionante “non-sport”.

 

 

Da sinistra: Franceschi, Benetti, Zoni, Martelli … e il cane Blu, la mascotte del gruppo

 

Molinella e la sua tribù di surfisti

Anche Molinella ha la sua tribù del surf. Uno dei precursori, negli anni ’90, è stato Antonio Binelli, ricordato anche come grande snowbordista. Il ritrovo dei surfisti molinellesi è da sempre presso il negozio di abbigliamento Danger in via Viviani. Fanno parte di questa sparuta comunità il titolare del negozio Fabio Benetti, detto il BennoGregorio FranceschiNicola Zoni e Filippo Lugli, i quali, nei fine settimana di vento e grandi mareggiate, o nei ritagli di tempo, si spostano da Marina Romea al Forte dei Marmi, inseguendo l’onda da qualche parte annunciata. A questi sconosciuti campioni molinellesi del surf, a Fabrizio Frascari che è andato a cavalcare le onde addirittura in Australia, era giusto dedicare finalmente un po’ di spazio. Nel fragore delle mareggiate, nell’attesa dell’onda che verrà, si perde la banalità di certa informazione sportiva corrente. Il surf, al confronto, appare sport da giganti. Francesco Martelli

 

  
      Francesco Martelli                                                                  Filippo Lugli davanti all’Oceano Atlantico



LINK / Federazione Italiana Surfing

 www.fisurf.net

 

Qui sotto, la pagina di TUTTOSPORT

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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