San Francisco 126: il libro fantasma. Prefazione di Sandro Bertocchi

 

Nel fango del dio pallone: i memorabili Ludi del Bò del 1981

 

 

Circola da qualche tempo negli ambienti underground di Padova un libretto che racconta le sciagurate imprese di un gruppo di studenti fuoricorso della facoltà di Medicina, tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80 del secolo scorso.

Prodotto in pochissime copie dalla Compagnia del Caffè, San Francisco 126 – questo il titolo, dal nome di una via del centro storico di Padova che dà sul Golden Gate (la porta d'oro del collegio, dobbiamo supporre) – raccoglie gli articoli scritti all'epoca da Andrea Martelli e dal suo alter ego, il sedicente giornalista sportivo Giovanni Perozzi, inviati speciali al seguito della squadra di calcio del Cuamm che, da cenerentola del campionato, nel giugno del 1981 arrivò a disputare la finale dei Ludi del Bò, il prestigioso torneo organizzato dal CUS.

Ad accompagnarne la trionfale cavalcata, i tazebao (riproposti in una ristampa anastatica) che venivano affissi in bacheca cinque minuti dopo partita: cenni di cronaca, formazioni, pagelle e foto, a cui si accompagnavano ogni volta le lettere immaginarie, ironiche e struggenti, di molti fuoriusciti del collegio.

Qualcuno è andato per età, chi perché già dottore, chi perché stanco di giocare, bere il vino e sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore... Cantava così, a quel tempo, Francesco Guccini. E proprio in un'osteria di Padova, domenica 31 gennaio è stato presentato questo libretto, alla presenza di alcuni spelacchiati reduci di quegli anni. Formidabili, certo, come avrebbe detto Mario Capanna.

Sandro Bertocchi, che ha potuto leggere il libretto in anteprima, ha scritto per duecaffè questa bella prefazione. Bella e purtroppo inutile, in quanto il libretto, per accordi col committente, è destinato esclusivamente ad una ristretta cerchia di amici.

Il passato non ritorna. E ciò che accade non accadrà mai più. Lo diceva un personaggio del famoso film di John Milius. Lo dice anche Federico Siviero nel celebre corsivo che segue, unica eccezione al silenzio imposto per contratto.

Il fatto è che così non sapremo mai se quelle lettere e quei corsivi li ha scritti Martelli o Perozzi e quale sia la differenza tra i due.

L'Editore

 

 

  

La copertina del libretto; a destra: Perozzi & Martelli (1976-2016)

 

 

PREFAZIONE AL LIBRO FANTASMA

di Sandro Bertocchi

 

Ho temuto che i tuoi scritti, caro Perozzi, potessero coinvolgermi nel momento in cui mi hai allungato questo “album Panini che colleziona ricordi come fossero figurine”, perché nella tua determinazione e nell’inusuale entusiasmo con cui hai accompagnato il gesto c’era, inequivocabile, la consapevolezza di avere fatto qualcosa di bello, di altro comunque dai pur gradevoli stereotipi con cui in qualche modo alleni il tuo talento.

 

Mi hai spinto ad una lettura tuttadunfiato che mi ha messo anche un po’ d’ansia perché mi ha emozionato, alla mia età poi. Mi hai trascinato negli anni belli e tumultuosi dell’università, nella Padova ribelle e terribile dell’età del piombo. ll tuo San Francisco 126 ha avuto su di me un effetto inebriante, è come se, astemio da sempre, mi fossi abbandonato per una volta al complice nettare di Nane.

 

E’ successo che Giorgio Peril Comunismo, teorico del marxismo-medicismo, il professor Sassaroli-Tedoli specialistar, il conte Defendi col famoso cappotto di cammello, Corsiviero con i suoi corsivi, per non dire di Zoia Gianantonio gran goleador di Treviso, protagonista una sera anche al Torneo di Traghetto con la squadra di Binelli che eliminò il Bar della Stazione, o del mio vecchio amico M'baitoloum Weina che sembrava Denzel Washington, insomma i protagonisti di quelle storie si sono tutti impossessati della mia anima sensibile e incline al rimpianto, ormai vulnerabile come la linea difensiva dell’Hellas Verona, per restare nella metafora calcistica e comunque sulle strade del Recioto.

 

Diversamente dall’Hellas Verona, che nutre ancora qualche seppur flebile speranza di salvezza, io, dignitoso poeta dialettale, sono rassegnato alla mia serie B, decretata e certificata, se mai ce ne fosse stato bisogno, dalle pirotecniche citazioni (tra cui giganteggiano Allen e Hornby, passioni comuni), da certe esilaranti situazioni (la pesca dei tonni con Colaone, le “hits” della Bellicini Big Band, il “Che” testimonial delle infradito) che restituiscono freschezza e goliardia alle impolverate recensioni de “Le quattro e venti / cinque minuti dopo la partita”, ma soprattutto dall’autentica poesia che le sessantaquattro pagine più Diritti d’autore custodiscono.

 

Dunque, fidati del tuo estemporaneo recensore, caro Perozzi, capace di nobilitare fin la diarrea di Peano e l’armata Brancaleone del Cuamm e di trasformare l’acquitrino del “Petron” ( evocatore, ahimè, di inquietanti ricordi juventini-perugini…) nello Stadio dei Sogni: hai scritto cose bellissime.

 

Seguono numero 2 post scripta. Il primo: abuso certamente dell’amicizia, però mi piace pensare che nel San Francisco 126 parte seconda potrò forse figurare in coda ai Diritti d’Autore, giusto sotto a Ken Kesei. Il secondo: non è che l’inesauribile miniera/mansarda già cara a tuo padre custodisca ancora una Gibaud anche usata, reduce da quelle memorabili sfide con i guerrieri del Sevan?

E’ che mi è venuto un fastidioso mal di schiena, in una posizione che localizzerei a sud di nessun nord. Fammi sapere.

 

Sandro Bertocchi

 

  

La squadra che arrivò alla finale dei Ludi del Bò del 1981; a destra: Giorgio Peril Comunismo, testimonial del… Caffé

 

 

IL CORSIVO DI CORSIVIERO

Formidabili quegli anni!

 

Io vi parlo qui del tempo in cui, studenti, giocavamo a calcio. Dei voti che ci davamo in pagella e che credevamo voti del libretto, quello vero. Di quelle cose perdute insomma, che ancora ritrovo in voi e vorrei, tanto son belle, che non le perdeste più.

Diranno che un tempo qui c’era una grande squadra, che grande davvero non lo era stata mai fino a quel giorno.

Oddio, un granché come giocatori non sono mai stati – disse una volta Tedoli, che di calcio però non capiva niente - Però a me piacevano lo stesso...

E a me no?! - gli feci eco.

Sì, vabbé – dirà qualcun altro - non avevano voglia di studiare... Perdevano tempo... Chi erano, in fondo? Non erano niente, non erano nessuno... Ma nella vita, mi domando, è sempre obbligatorio essere qualcuno per piacere?!

Ci furono giorni e notti bellissime, in quel tempo, che correvano ad una velocità doppia della luce. Nel tempo libero, cioè sempre, parlavamo di donne e tracannavamo vino a bicchieri. E soprattutto passavamo ore e ore a giocare. La mattina, dopo il caffè dalla Maria, la lettura della Gazzetta o di Stadio durava fino a mezzogiorno. Al pomeriggio non si cominciava mai a studiare se non dopo aver visto in tv la tappa del Giro d'Italia o del Tour o un qualunque altro programma sportivo. Poi la moka fischiava ed era già ora di andarsi a prendere un buon caffè in camera da Cattellan. Veniva sera in un attimo.

Così volavano via inerti giornate e notti pazzesche di cui, per qualche misteriosa ragione, ci facevamo dono. Sentivi il libro ponderoso chiudersi all'improvviso con un tonfo e poi il pallone rimbalzare e lo scrosciare degli applausi che accompagnavano un’azione e scaldavano le mani, le parole e i nomi chiamati forte...

Non si spegneranno gli applausi, i nomi gridati e l’entusiasmo. O forse si spegneranno. Il passato non ritorna e ciò che accade forse non accadrà mai più. Certo fra 50 o 100 anni chi si ricorderà di noi? Ma i palloni continueranno a cadere come blocchi di cristallo nel punto esattissimo, e poi via, di rimbalzo in rimbalzo, sulle teste chine e studiose, per quelle deserte vastità, oltre la nebbia cerebrale, scuotendo i tenebrosi palazzi.

(febbraio 1981)

Da “San Francisco 126. I memorabili Ludi del Bò del 1981”



San Francisco (veduta notturna)

 

 

 

   

 

 

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