Il ricordo a 50 anni dalla morte

Il ricordo a 50 anni dalla morte

Efrem Nobili, il primo molinellese campione d’Italia

Il 1° agosto saranno 50 anni dalla morte di Efrem Nobili, il primo sindaco eletto del dopoguerra, il geniale inventore che aprì la strada all’industrializzazione del paese..

Nel 1930, ad appena vent’anni, Nobili vinse a Roma il Concorso Nazionale Modelli Volanti ed è quindi da considerarsi il primo sportivo molinellese campione d’Italia


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CHI ERA EFREM NOBILI

(Molinella, 12 febbraio 1910 - Molinella, 1 agosto 1963)

 

In un’epoca in cui tutto tendeva all’esaltazione del “genio italico”, Efrem Nobili, con le sue invenzioni geniali e il suo coraggio, si dimostrò subito pari alle attese dei tempi.



LO SPORTIVO CHE POCHI CONOSCONO

Cominciò con gli aeromodelli, prima ad elastico e poi ad aria compressa. Non erano belli da vedere, i suoi modellini, ma ciò che perdevano in estetica lo guadagnavano abbondantemente in resa e funzionalità. Nel 1925, durante una gara all’aeroporto di Bologna, mentre gli altri concorrenti lanciavano a non più di trecento-quattrocento metri, il modellino di Nobili andò a perdersi nelle campagne di Castenaso. Lo ritrovò un contadino, che lo riconsegnò solo dietro lauta mancia. L’anno dopo, a Roma, un suo modellino ad aria compressa, uno dei primi realizzati in Italia, volò per Km 1,125 suscitando la meraviglia dei giudici e degli appassionati.

Aveva appena vent’anni, quando si aggiudicò (primo molinellese in assoluto a potersi fregiare di uno scudetto tricolore) il titolo italiano di aeromodellismo, vincendo il Concorso Nazionale Modelli Volanti, che si disputò a Roma il 12 ottobre 1930. Nel dar conto della notizia in due colonne fitte di piombo, il Corriere della Sera scriveva che “Nobili si era appassionato agli sports dell’aria fin da bambino. In questo senso - proseguiva il giornale - i suoi modellini ad elastico o ad aria compressa non sono altro che un’elaborazione del volo di quegli aquiloni che sappiamo essere stati il suo vero banco di prova”.

Molti molinellesi ricordavano ancora quel che avvenne un pomeriggio di primavera, quando tutto il paese si mobilitò in aiuto di Nobili, con i bambini che correvano a prendere rotoli e rotoli di spago, per dare sempre più filo all’aquilone, che si alzava altissimo sopra i Collegi.

Il Corriere aggiungeva poi ampi ragguagli tecnici sul modellino “Italia”, che Nobili era riuscito a far volare per 278 metri lineari, “ma che ai fini della classifica devono però intendersi come metri 1251, in quanto, a termini di regolamento, per gli ‘aria compressa’ la distanza reale deve essere moltiplicata per un coefficiente pari a 4,5”. Perfino l’Istituto Luce dedicò un filmato alla “splendida affermazione romana del giovane molinellese ”. Nobili ebbe in premio la Coppa del Littorio, che gli fu consegnata dall'Ufficiale dell'Aria Bruno Mussolini, figlio del Duce, ed una fiammante Moto Guzzi 250, in sella alla quale fece ritorno a casa.

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IL GENIALE INVENTORE

Ma non fu il modellino a fargli spiccare il volo, né la coppa a spalancargli le porte del successo. Paradossalmente, fu la Guzzi il segreto della sua affermazione. La storia di Efrem Nobili imprenditore comincia proprio da quella motocicletta, che è come il primo anello di una lunga catena.

Qualche anno dopo, infatti, Nobili vendette la Guzzi per potersi comprare i pezzi meccanici e un particolare tipo di motore, necessari alla messa a punto di un nuovo modello di macchina per fare i gelati. Nel 1935, dalla vendita del brevetto della gelatiera automatica, ricavò il denaro che serviva per l'assemblaggio e la costruzione di una macchina di sua invenzione che gli avrebbe consentito di fabbricare i tacchi delle scarpe da donna “in coppia”. Fino ad allora, infatti, nell’industria calzaturiera i tacchi di legno venivano confezionati uno alla volta e a mano. Vendette quindi il brevetto della macchina dei tacchi ai francesi della Clergét e, dalle royalties che continuò ad incassare ancora per diversi anni, Nobili ricavò una somma sufficiente per la costruzione di due grandi capannoni nella nuova zona artigianale di Molinella, dove nel 1960 trasferì dalla vecchia sede di via Mazzini sia il tacchificio ITE (Industria Tacchi Emiliana) che la ONE (Officine Nobili Efrem), l’industria avviata subito dopo la guerra per la produzione di motopompe agricole e, a partire dal 1953, dei primi turbo-atomizzatori a cisterna.

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L’IMPRENDITORE CORAGGIOSO

Quando impiantò il primo tacchificio nel 1936, all’inizio della sua avventura di imprenditore, Nobili aveva solo con 4 dipendenti. Nei primi anni ’60 arrivò ad averne quasi 200, tra addetti alla produzione dei tacchi (120 circa) e delle macchine agricole (70).

Se ci avesse creduto, anche l’idea di una bicicletta doppio uso, a pedali e a motore, avrebbe potuto avere nel 1944 il suo marchio di fabbrica. Ma Nobili era convinto che non avrebbe avuto futuro quel prototipo a rullo con motore da 38CC applicato al telaio di una bicicletta ed azionato da benzina avio, che egli stesso si era procurato, prelevandola di nascosto dal serbatoio di un aereo caduto in zona. Ci pensò qualcun altro a migliorare la stabilità e la resa di quell’originale bicicletta a motore e nacque il leggendario Mosquito.

L’ILPA (Industria Lavorazione Prodotti Agricoli) fu un’altra sua creatura, realizzata negli anni '50, in società con Giancarlo Tomasini, nel vecchio Molino Dal Rio per migliorare il processo di disidratazione dell’erba medica e ricavarne farina da mangime di qualità superiore.

Efrem Nobili diceva sempre che la sua fortuna era stata quella di aver fatto le Aldini e di avervi trovato un professore di meccanica che si chiamava Bambi (proprio come il personaggio della favola di Walt Disney), il quale, tutti i giorni, per cinque anni, non aveva fatto altro che inculcare nella testa dei suoi allievi questo concetto: “Quando vi viene un’idea, realizzatela per conto vostro, mettetevi in proprio - diceva il professore - perché se la cosa che avete pensato è fatta con intelligenza, troverete senz’altro qualcuno che ve la comprerà. Ma se anche fosse la cosa più stupida di questo mondo, troverete tanti imbecilli che la compreranno lo stesso”. Di quella classe fortunata, uno solo non lo prese in parola e preferì andare a lavorare sotto padrone. Tutti gli altri, come Efrem Nobili, risposero all’appello del professor Bambi e fecero fortuna per conto proprio. Si chiamavano, solo per fare qualche nome, Scipione Innocenti, il padrone della Viro, Pazzaglia, che fu tra i fondatori della Cevolani, Menarini, quello degli autobus e Ferruccio Lamborghini, costruttore di auto divenute un mito.

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IL PRIMO SINDACO DEL DOPOGUERRA DEMOCRATICAMENTE ELETTO

Ma Efrem Nobili non fu soltanto, come si è detto, “il geniale inventore, l’imprenditore coraggioso che iniziò la meccanizzazione in agricoltura e avviò l’industrializzazione del paese”. Nobili fu anche sindaco di Molinella, il primo democraticamente eletto nel dopoguerra. Nominato dal prefetto il 5 ottobre 1945, egli subentrò con un mandato provvisorio ad Amedeo Cazzola. La sua nomina fu quindi confermata dal voto popolare il 24 marzo 1946, quando gli elettori molinellesi tornarono per la prima volta alle urne, dopo 20 anni di dittatura, per eleggere il primo Consiglio Comunale.

Uomo di fede socialista, Nobili fu il sindaco della ricostruzione. Organizzò una squadra di volontari guidati dal fontaniere comunale Fernando Genelli (Gianèla), che in tempi brevissimi, incuranti delle mine e delle bombe inesplose, con mezzi e attrezzature di fortuna riuscirono a ripristinare le condutture dell’acquedotto. In giugno, fu riaperta, almeno in direzione Bologna, la linea ferroviaria della Veneta, che era stata bombardata nel 1944. Le scuole, molte delle quali avevano subito saccheggi e danni gravi, in novembre tornarono ad essere perfettamente agibili. I “volontari di Nobili” si dedicarono quindi al recupero degli impianti sportivi, dove avevano trovato alloggio alcune famiglie di sfollati. L'opera si concluse solo nel 1951, con la riapertura del velodromo.

Sotto la sua amministrazione furono asfaltati chilometri e chilometri di strade e costruiti nuovi alloggi popolari. La luce elettrica arrivò in tutte le frazioni del comune. L'inaugurazione nel 1947 della Colonia Marina Pietro Zarri di Cesenatico e, qualche anno dopo, l'apertura della Colonia Montana di Poggio di Badi in un edificio donato dalla famiglia Pedrelli, contribuirono certamente a migliorare le condizioni di vita di intere generazioni di bambini molinellesi.

A molti sembrò una trovata bizzarra, quella di far piantare 8.400 alberi da frutto lungo le strade del comune, ma Nobili era assolutamente convinto che neppure un metro quadrato di suolo pubblico dovesse rimanere improduttivo. Può darsi che, in qualche caso, l'occasione (quelle mele così a portata di mano) abbia fatto l'uomo ladro, ma l'iniziativa del sindaco garantì per anni un'entrata di circa 10 milioni nel bilancio comunale.

Nobili guidò la nostra comunità negli anni difficili dell'immediato dopoguerra, segnati da feroci contrapposizioni e scontri di piazza. Perfino il ritorno di Giuseppe Massarenti, nell'aprile del 1948, dopo 27 anni di forzato esilio, anziché riunire e pacificare il paese, fu motivo di scontri e polemiche astiose tra le parti in campo. La cosiddetta scissione di Palazzo Barberini, che nel gennaio di quello stesso anno aveva ulteriormente diviso la sinistra italiana, ebbe a Molinella conseguenze pesantissime, sia sul piano politico che sindacale, fino ai gravi incidenti di Ponte Stoppino che nel maggio del 1949, al culmine di un'ondata di scioperi, lasciarono sul campo la mondina Maria Margotti, caduta per mano di un carabiniere.

In questo clima avvelenato dall'odio, che lascerà cicatrici profonde in paese, Nobili preferì passare la mano e il 21 marzo 1950 si dimise da sindaco. Per altre tre legislature ricoprì la carica di assessore nella giunta del sindaco Martoni, ma sostanzialmente, da quel momento, Efrem Nobili si dedicò principalmente alle proprie attività industriali, senza perdere mai quelle “doti di umanità e generosità di cuore” che, fino all'ultimo ultimo (morì giovane, ad appena 53 anni) e anche dopo continuarono a  meritargli l'affetto e la riconoscenza di tanti suoi concittadini.



(Testo da: Vite di Molinellesi Illustri; Andrea Martelli, 2012)

 

 

 

 

 

   

 

 

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