L'estate del 66. Un racconto di Sandro Bertocchi

 

Mondiali d'Inghilterra: Italia-Corea (Middlesbrough, 19 luglio 1966)

 

Tu chiamale se vuoi emozioni: Bobby Charlton, (una vaga somiglianza con Sandrino Gualandi), che alza al cielo la coppa del mondo per l'orgoglio della Regina; Helmut Haller che scuote il suo testone biondo; Eusebio che attraversa il campo con le movenze di una pantera; Paak Do Hik, il dentista coreano che con quel goal uccide un sogno.

Era l'estate del sessantasei, l'estate di Bobby Charlton e della Corea. Mi crea disagio e malessere fisico il solo pronunciarlo quel nome, e scriverlo poi, ammesso che si chiamasse proprio così il dannatissimo muso giallo che usò il sinistro a guisa di trapano e trafisse in un colpo Albertosi, Mondino Fabbri, gli Azzurri, una nazione, i miei vent'anni che concepivano solo vittorie.

In seguito ho avuto approcci sempre esageratamente traumatici con tutti i dentisti che ho dovuto mio malgrado frequentare, ho diffidato perfino dei sorrisi delle loro infermiere con quegli occhi ingannevoli.

Fu un trauma, dico la verità, soprattutto per la mia generazione che il “boom” aveva reso baldanzosa e supponente, quindi impreparata ed incapace di farsi una ragione di tale beffarda sconfitta. Mi ricordo che al bar della stazione, dove le discussioni dei dopopartita di solito finivano in rissa verbale, in seguito all'evento funesto nessuno ebbe il cuore di parlare: ci guardammo attoniti, interisti, bolognesi Juventini, milanisti, accomunati nello stupore.

Fu un colpo al cuore che non a caso accomuno nella memoria ad una Corea sentimentale che incombeva e da lì a poco avrebbe prodotto danni altrettanto devastanti. Peppino Di Capri, all'epoca abituale complice di intrighi amorosi, dal giradischi delle festicciole private implorava da tempo tale Roberta: “Ti prego, ascoltami... ritorna ancora insieme a me!...”.

Anch'io, come altri, accarezzavo quel sogno, e finalmente, dopo suppliche reiterate, Roberta si era decisa ad ascoltare, sì, ma qualcun altro … qualcun altro che magari neanche la sapeva cantare quella canzone e neanche aveva sofferto per quel goal!

Giorni amari, quelli, non trovavo conforto nemmeno nella filosofia degli stoici, cui ero positivamente ricorso in passato. Notti di incubi in cui il Dentista e Roberta si coalizzavano per colpirmi diritto al cuore.

Trent'anni dopo seguo gli Europei seduto davanti alla TV ed ecco gli incubi coreani che si rimaterializzano, questa volta a colori, nella Republica Ceka. L'ombra sinistra di Mondino si allunga sull'Arrigo (romagnoli entrambi). A Manchester, con la Germania del vecchio Vogts, non ripetiamo il miracolo dell'Azteca. Addio Inghilterra, un'altra volta. E l'Old Trafford lo chiamano lo stadio dei sogni! E la chiamano estate, questa estate!

Scaccio per un attimo le streghe dal videocolor e riaccendo il bianco&nero della memoria. Zapping sull'estate del sessantasei. Le immagini sullo schermo sfumano in una nebbia leggera: per quanto io cerchi di porre attenzione, non si capisce più con esattezza se quel tiro radente fosse davvero rete, se quella delusione cocente fosse davvero amore.

 

Sandro Bertocchi,di Molinella e di molinellesi (La Compagnia del Caffé, 1999)

Storie di Sport / Italia-Corea 1966: http://www.storiedisport.it/?p=3602

 

   

 

 

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