Un secolo di corsa: ricordo di Carlo Bertocchi a 100 anni dalla nascita

 

 

 

 

 

100 anni fa nasceva Carlo Bertocchi (Molinella, 13 luglio 1916 / Budrio, 28 aprile 2005). E' stato un grande dello sport molinellese, il primo dei nostri ad indossare la Maglia Azzurra. Lo ricordiamo qui, riproponendovi una pagina dal libro di Andrea Martelli “Vite di molinellesi illustri” (La Compagnia del Caffe', 2012).

 

 

Il 14 settembre 1940 si disputa a Torino l'attesissimo confronto Italia-Germania di atletica leggera. Per il ventiquattrenne Bertocchi, che arriverà quarto nei 1500, si tratta dell’esordio in azzurro. E' anche la prima volta in assoluto che un atleta molinellese veste la maglia della nazionale.

Ancora fresco dell'incarico di primo bagnino della piscina di Molinella, conferitogli dal podestà Castellari, nell'estate del 1933 Carlo Bertocchi era stato tra i primi a lasciare le sue impronte sulla pista in terra rossa del nuovo stadio e ad indossare la maglietta della sezione di atletica leggera della Polisportiva, che aveva in Besoli (velocità), Lambertini (mezzofondo), Delli (lungo), Favallini (alto), Ferrocci (asta) e Pezzoli (peso) altri giovani di valore.

Dopo l'esordio, il 17 settembre di quello stesso anno, in una gara di velocità conclusa al secondo posto dietro il compagno di squadra Besoli, fu il professor Fernando Monti ad avviare il diciassettenne Bertocchi alle corse sulla lunga distanza, intuendo in lui doti di carattere e di resistenza non comuni.

A quell’epoca, andavano di moda le campestri, soprattutto, le “attraversate notturne” (quelle di Carpi e Adria le più ricche e famose), dove Bertocchi arrivava spesso primo.

C’era sempre, però, qualche bel furbino – ricordava Bertocchi - che, con la complicità di una giuria casalinga, si faceva scarrozzare in automobile per tutto il percorso, scendeva in prossimità del traguardo e, bello fresco e riposato, mi passava davanti quando mancavano pochi metri all’arrivo”.

Tutto questo, così come i reiterati tentativi di fargli sbagliare strada, avevano il potere di farlo arrabbiare ancora di più. La rabbia era la sua benzina. Si sparse così la voce che c’era un molinellese che andava come un treno e Bertocchi divenne così l’uomo da battere.

Accanto a lui, c'era adesso Alfredo Baldrati, che lo costringeva ad allenamenti estenuanti lungo la strada di Durazzo. Nel 1937 Bertocchi passò alla Ferroviaria di Bologna (“170 lire al mese di stipendio!”) e conquistò subito il titolo emiliano di corsa campestre. Qualche giorno dopo, sulla pista del Littoriale, batté clamorosamente l’ungherese Harsany, numero uno in Europa sui 1500.

Il 1938 trascorse senza risultati di rilievo, anche a causa di una pleurite che l'aveva fiaccato nel fisico (ma non nell'animo), tenendolo a lungo lontano dalle corse.

Nel 1939, Bertocchi andò a sfidare Beccali a casa sua. “Il campione olimpico di Los Angeles ha faticato parecchio per stargli davanti”: con queste parole La Gazzetta dello Sport esaltava la prestazione del molinellese al meeting di Vigevano, dove Bertocchi arrivò secondo nella gara dei 1500 “al termine di un avvincente testa a testa con il grande Beccali”.

Nella primavera del 1940, corse la distanza in 3’57”2, un tempo che gli consentì di entrare nel giro della nazionale e di colorare finalmente d'azzurro i suoi sogni. Era appena scoppiata la guerra, quando Bertocchi gareggiò in settembre a Torino. “Per il neo-azzurro Bertocchi, impegnato sulla distanza preferita dei 1500, un quarto posto che fa ben sperare per il futuro” , scriveva ancora La Gazzetta.

Ai campionati italiani del 1941 fu secondo nei 1500 dietro Lanzi, ma l'anno dopo, a Parma, conquistò il titolo italiano dei 3000 siepi e fu di nuovo convocato in nazionale, in vista di un'altra sfida contro “l'alleato germanico”.

L’8 giugno 1942, davanti ai centomila dello Stadio Olimpico di Berlino, Bertocchi arrivò quinto nei 1500, ma fu il primo degli italiani. E la stampa sportiva esaltò la sua prova come “esempio di italica fierezza”.

Solo sette secondi mi separavano dal record del mondo del neozelandese Lovelock – diceva Bertocchi, sorridendo agli amici – mô sètt secónd i àn la cô lónga, ragazû, 7 secondi hanno la coda lunga ”.

Il 28 agosto dello stesso anno, a Zurigo, Carlo Bertocchi colse finalmente la prima vittoria in maglia azzurra. Ma non c'era più tempo per il bis, la guerra era ormai entrata nella fase decisiva e presto impose lo stop anche alle corse.

A mettergli le ali ai piedi, adesso, era soprattutto la paura delle bombe. Quando ricordava lo spaventoso bombardamento della Bolognina, in mezzo al quale era capitato per caso, Bertocchi diceva sorridendo che, per raggiungere più in fretta il rifugio, quella volta aveva corso così forte che neanche Lovelock sarebbe stato capace di stargli dietro. Peccato non ci fosse nessuno, quella volta, a cronometrarlo.

La guerra gli portò via anche le medaglie più belle: la mamma, che di nome faceva Splendida, era stata infatti costretta a venderle, per garantire un po' di pane alla famiglia. Conservò tuttavia i ritagli di giornale, dov'era raccontata la carriera di un campione vero.

La cronaca del secondo tempo della sua vita sportiva dice di un Bertocchi calciatore e poi allenatore del Molinella negli anni '50. Fece parte del comitato locale per l'organizzazione dei primi Giochi della Gioventù nel 1968 e contribuì alla crescita del Gruppo Podistico intorno alla metà degli anni '70. Nel 1998 salutò con entusiasmo la rinascita dell'Atletica Molinellese, di cui è stato presidente onorario. Le Olimpiadi dei Ragazzi, fin dalla prima edizione, hanno avuto nel vecchio campione uno spettatore attento e partecipe, capace ancora di commuoversi alla vista di un bambino che correva felice verso il traguardo.

Della morte, Carlo Bertocchi non ne voleva mai parlare. Gli piaceva troppo vivere. La nipote Vanessa ricorda di avergli sentito dire tante volte: ”Spero di andarmene mentre ballo un valzer con una bella donna e le do un bacio”.

E, più o meno, è andata proprio così.

 

 

 

 

   

 

 

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