L'eredità di Franco Fiorini per la ricerca. Ne parla in un libro la senatrice Cattaneo

 

  

 

Ogni giorno. Tra scienza e politica

(postfazione)

 

di Elena Cattaneo

 

A volte succedono cose nella vita che davvero non ti aspetti”: queste sono state le parole con cui ho cercato di spiegare a chi mi era vicino la nomina di senatrice a vita. Una sorpresa che mi è stata riservata ormai tre anni fa e che tutt’oggi, benché presa dalle mille sollecitazioni quotidiane che qui ho cercato di raccontare, non cessa di stupirmi e farmi interrogare sul modo cui potrei corrispondervi al meglio.

Nell’ipotesi che esista una quantità di “eventi totalmente inaspettati” che ciascuno “ha diritto di attendersi nella propria esistenza”, pensavo di aver esaurito la mia scorta. Eppure così non è stato e, proprio mentre sono qui a rivedere le bozze di questo libro, ecco arrivare un fatto del tutto inimmaginabile che credo trovi il suo senso e debba essere letto nel segno di una profonda fiducia che persiste nella società italiana verso le istituzioni e un modo trasparente di svolgere un ruolo pubblico.

 

La sera dello scorso 28 maggio, dalla posta elettronica del Senato ricevo un’email da un notaio della provincia di Bologna. Mi scrive che risulterei essere stata nominata unica erede di una persona recentemente deceduta e mi invita a prendere contato per ogni attività conseguente. Dopo aver controllato la reale esistenza del notaio, tanta era la sorpresa, insieme all’Office lo contatto e scopro che è tutto vero. Il dott. Franco Fiorini, deceduto pochi giorni prima all’età di sessantadue anni, persona a me del tutto sconosciuta e senza parenti prossimi, il 29 marzo 2016 scriveva di suo pugno: “lascio ogni mio avere di beni immobili e mobili alla dott.ssa Elena Cattaneo, senatrice a vita, perché li destini come meglio crede alla ricerca scientifica”.
Per comprendere meglio il contesto in cui possa essere maturata la decisione vengo indirizzata all’avvocato Paolo Ghedini del foro di Bologna, che incontro e scopro essere, oltre che primo depositario del testamento, anche da tempo vicino al dott. Fiorini.
Apprendo come il dott. Fiorini fosse affetto da poliomielite fin dalla giovane età a causa di una infezione virale che ne ha compromesso la deambulazione, come dopo aver ultimato gli studi universitari avesse lavorato presso aziende di zona, curioso e attento all’attualità politica e scientifica, come avesse sempre conservato autonomia e lucidità, tanto sul lavoro come nella gestione del suo patrimonio, conducendo un’esistenza molto riservata. Dopo lo stupore nel vedermi depositaria di una volontà così determinata e impegnativa, ho cominciato a immaginare i pensieri del signor Franco per provare a capire i motivi della sua tensione verso la ricerca scientifica. La stessa ricerca che proprio grazie alle sue conquiste, dal 1957, ha reso disponibile il vaccino antipolio anche in Italia, reso obbligatorio dal 1966, un vaccino che avrebbe cambiato l’esistenza di Franco se somministrato in tempo utile. Forse, sono stati solo uno o due anni a fare la differenza tra un trattamento che avrebbe azzerato un rischio e un virus che ha portato Franco verso una vita solitaria, protetta e accompagnata dall’amore dei genitori fino a quando sono vissuti. Ecco, la sua scelta credo sia l’esempio più cristallino e responsabilizzante per me per continuare a lavorare affinché il procedere della scienza sia libero da ogni interferenza ed efficace nel raggiungere gli obiettivi di conoscenza e salute cui quotidianamente lavoriamo.
Franco Fiorini con la sua decisione, maturata in silenzio nella sua casa di Molinella in provincia di Bologna, ha scelto di lasciare in eredità il suo patrimonio alla ricerca, riponendo evidentemente la sua fiducia in quel che ha potuto conoscere dalla mia attività pubblica di scienziata e senatrice. Mi piace pensare che lo abbia fatto non perché ha visto in me qualcosa di speciale, quanto piuttosto perché ispirato dalla fiducia nell’attività scientifica e istituzionale svolta, dalla fiducia nelle istituzioni pubbliche cui sono partecipe ogni giorno, l’università e il Parlamento, elementi costitutivi di una Italia che, con tutti i suoi più o meno evitabili difetti e le sue complessità, è compito di ciascuno di noi far crescere e alimentare.
Pensando a Franco, trovo anche consolante che una persona, pur se umanamente molto sola, per scelta o malattia, abbia sviluppato il desiderio e attuato la decisione di coltivare e rilanciare un legame con le istituzioni democratiche del paese e lo abbia fatto gettando un filo capace di legarci a esse, anche quando su questa Terra non ci saremo più. Evidentemente, talvolta, sono istituzioni che generano rispetto e possono esprimere un senso d’umanità. Franco ha fatto del Parlamento la sua famiglia e della ricerca pubblica il suo faro. Sotto quel raggio di luce, ci siamo tutti.
La mia speranza è di avergli fatto qualche volta compagnia, magari attraverso i miei interventi pubblici, a volte molto accesi ma sempre mirati al tentativo di distillare dalla complessità del quotidiano la fondatezza del giudizio, la ricerca del risultato e la difesa della libertà.
Questa è decisamente una strana e commovente storia. Una vicenda personale, di un piccolo paese d’Italia che incrocia le grandi istituzioni della nostra nazione, ricordandoci, con una certa poesia, quanto esse siano un riferimento importante per i cittadini e quanto, ogni giorno, in nome di questo mandato, debbano render conto alle singole persone. Anche e soprattutto alle persone come Franco. E’ quello che farò. E’ un enorme attestazione di fiducia. Un altro incarico a vita.

A Franco Fiorini e a tutti quegli italiani che individualmente maturano scelte solidaristiche per tutti noi, dedico questo libro.

 

Brugherio, 12 giugno 2016

 

 

   

 

 

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